Gli strascichi della pandemia di Covid-19 dureranno a lungo, in particolar modo per quanto riguarda l’aspetto fiscale. A marzo 2020, durante il lockdown, una norma varata aveva sospeso in via eccezionale i termini di accertamento e riscossione, ma per un combinato disposto con una norma già esistente l’effetto è stato quello di allungarli anche per i prossimi anni. Questo, si ripercuote sui termini di decadenza dell’accertamento fiscale, che non scadono più nella classica data del 31 dicembre di ogni anno, ma vengono posticipati. Così dovremo abituarci a nuove date, da tenere ben presenti per controllare la validità degli avvisi di accertamento ricevuti.
I termini di decadenza a disposizione del Fisco per svolgere le proprie attività di accertamento e recupero dei tributi non versati erano stati congelati nel 2020 per 85 giorni. Per cui, le notifiche degli atti impositivi che scadevano il 31 dicembre 2020 potevano essere fatte entro il 25 marzo 2021. Ma questo criterio non è scomparso: fa ancora sentire i suoi effetti per tutti gli accertamenti che erano possibili, o già in corso, nella primavera del 2020, e perciò il differimento si applica anche per le annualità di imposta successive.
Quanto e come sono stati posticipati i termini di decadenza degli accertamenti fiscali?
La decadenza, preclude la possibilità di emanare gli avvisi di accertamento, e gli atti equivalenti diversamente denominati, per recuperare i redditi non dichiarati e i tributi non versati. Quelli ricevuti oltre i termini sono illegittimi e possono essere annullati.
L’Amministrazione finanziaria, infatti, deve compiere le attività di accertamento entro i termini tassativi fissati dalla normativa tributaria. Un atto tardivo, compiuto ed emanato oltre questi termini perentori, sarebbe invalido per decadenza dal potere di accertamento.
La decadenza non va confusa con la prescrizione
- La prescrizione comporta la perdita del diritto per l’inattività del titolare nell’esercitarlo.
- La decadenza limita i tempi di esercizio del potere relativo a quel diritto. Questa, si applica soprattutto in campo processuale (ad esempio, i termini per l’ammissione delle prove o per proporre appello) ed in quello tributario, dove costituisce uno stimolo per gli Uffici impositori a compiere entro un limitato arco di tempo le attività di loro competenza. Al contempo, questo istituto rappresenta una garanzia del contribuente, che sa di non poter essere accertato oltre determinati termini.
I termini previsti a pena di decadenza sono molto più brevi di quelli necessari per il decorso della prescrizione: ad esempio, le imposte dirette si prescrivono in 10 anni, ma gli uffici decadono dalla possibilità di emanare l’avviso di accertamento per il loro recupero dopo soli 5 anni, calcolati a partire dall’anno di presentazione della dichiarazione dei redditi di riferimento.
Termini di decadenza degli avvisi di accertamento
La normativa tributaria in materia di imposte sui redditi ed in materia di Iva dispone che la notifica degli avvisi di accertamento deve avvenire, a pena di decadenza, entro i seguenti termini:
- entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui è stata presentata la dichiarazione relativa all’annualità d’imposta oggetto di accertamento;
- se invece, la dichiarazione non è stata presentata, entro il 31 dicembre del settimo anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata.
Entro i medesimi termini devono essere contestate o irrogate le sanzioni amministrative. Anche per i tributi locali il termine a disposizione degli Uffici è di cinque anni: quindi, l’avviso di accertamento va notificato entro il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione, o il versamento, sono stati o avrebbero dovuto essere effettuati.
Oltre tali termini, l’avviso di accertamento è illegittimo e potrà essere impugnato alla competente Commissione tributaria, entro 60 giorni dalla notifica, per ottenerne l’annullamento. In caso di omessa presentazione della dichiarazione (o di dichiarazione nulla, che è equiparata a quella non presentata) è concesso agli Uffici impositori un periodo di tempo maggiore per svolgere le attività di accertamento e notificare gli atti impositivi.
In caso di disponibilità finanziarie non dichiarate e detenute all’estero nei Paesi compresi nella lista dei “paradisi fiscali”, i suddetti termini di accertamento sono raddoppiati, perché per esse sussiste una presunzione di evasione.
I contribuenti che garantiscono la tracciabilità dei pagamenti (mediante bonifici, carte di debito o di credito e assegni non trasferibili) per operazioni superiori a 500 euro e utilizzano la fatturazione elettronica beneficiano di una riduzione dei termini di decadenza degli avvisi di accertamento, che diventa di soli tre anni; quindi, nei loro confronti la notifica per essere valida dovrà avvenire non oltre il 31 dicembre del terzo anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione.
Termini di decadenza dopo l’emergenza Covid
A partire da marzo 2020, il termine di decadenza per gli atti in scadenza al 31 dicembre 2020 è stato posticipato al 26 marzo 2021, mentre, per le annualità dal 2016 in poi, opera conseguentemente lo stesso differimento dei termini di decadenza: la proroga al 26 marzo (o al 25, per gli anni bisestili) si applica per tutte le annualità nelle quali l’attività di controllo era in corso o poteva essere effettuata nel periodo 8 marzo-31 maggio 2020, dunque sicuramente fino al 2018 compreso (per il 2019 no, in quanto erano ancora aperti i termini di presentazione della dichiarazione). L’Agenzia delle Entrate ha già affermato, nel corso delle risposte date a “Telefisco 2022”, riportate dal quotidiano Il Sole 24 Ore, che il termine di decadenza dell’anno di imposta 2016 scadrà il 26 marzo 2023 per i contribuenti che hanno presentato la dichiarazione, anziché il 31 dicembre 2022.
Fonti: La legge per tutti, AdnKronos, Yahoo Finanza.