Gli atti notificati dall’amministrazione finanziaria (come gli avvisi di accertamento dell’Agenzia delle Entrate o le cartelle esattoriali dell’Agenzia Entrate Riscossione) sono sottoposti a una rigida normativa in tema di decadenza e prescrizione. Se il Fisco non rispetta i termini previsti dalla legge, l’atto è nullo e il contribuente non è più tenuto a pagare.
Spesso si riscontra incertezza sul sistema di calcolo di questo termine: per verificare se la notifica è stata eseguita correttamente, bisogna far riferimento al momento in cui la raccomandata è stata consegnata all’ufficio postale dall’amministrazione o a quello in cui è stata consegnata al destinatario?
Insomma, in tema di notifiche tributarie: conta la data di spedizione o di ricevimento? E gli eventuali termini per la contestazione da parte del contribuente, da quale data decorrono?
Sezioni Unite della Cassazione: sentenza
Una recente sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione ha risolto un dubbio interpretativo. Si tratta di una sentenza importante, perché anche se non esisteva un reale contrasto nella giurisprudenza della Suprema Corte, un crescente numero di sentenze di primo e secondo grado hanno annullato atti di accertamento per il solo fatto di essere stati ricevuti oltre i termini di decadenza, anche se spediti in tempo.
Per verificare se una notifica è stata fatta nei termini di decadenza e/o di prescrizione bisogna aver riguardo alla data di spedizione della raccomandata, ossia quando il soggetto notificatore (Agenzia Entrate, Agenzia Entrate Riscossione) ha consegnato la busta all’ufficio postale, indipendentemente da quando poi questa è stata di fatto consegnata al destinatario.
Ma come fare a stabilire se l’amministrazione ha rispettato tale termine?
La data di spedizione della raccomandata, un tempo, era ravvisabile dal timbro postale. Oggi che i timbri sono stati sostituiti dai codici a barre, si può verificare la data di spedizione dal sito di Poste Italiane, inserendo il numero della raccomandata.
Una cosa però è la verifica del rispetto del termine per il soggetto notificante, un’altra invece l’inizio del decorso dei termini per l’opposizione da parte del contribuente. Quest’ultimo, avendo 60 giorni di tempo per ricorrere al giudice contro l’atto impositivo, deve invece far riferimento alla data di consegna della raccomandata perché è da questo momento che ne ha avuto effettiva conoscenza ed è quindi stato messo nella condizione di difendersi.
Questo principio va sotto il nome di scissione degli effetti della notifica: effetti che, per il notificante, fanno riferimento alla data di spedizione della raccomandata, ma per il notificato si riferiscono invece alla data di consegna della stessa.
Il principio di scissione degli effetti della notifica era pacifico già per gli atti processuali, ma non ancora per quelli fiscali. A togliere così ogni dubbio ci hanno pensato le Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza in commento. La Corte ha cioè ritenuto applicabile anche agli atti tributari, e non solo agli atti processuali, il principio in base al quale gli effetti della notifica eseguita a mezzo del servizio postale si producono per il notificante al momento della consegna del plico al servizio postale (o all’ufficiale giudiziario o messo comunale) e per il destinatario al momento della ricezione. Ciò sul presupposto che il mancato verificarsi degli effetti della notificazione per il notificante non può essere fatto dipendere da un evento estraneo alla sua sfera organizzativa.
Le Sezioni Unite precisano che l’effetto è indipendente dalla natura del soggetto notificatore (agente postale, ufficiale giudiziario, o dipendente della parte notificante, come il messo comunale o notificatore) «essendo rilevante, per l’impedimento della decadenza, unicamente che la parte gravata svolga le attività poste a suo carico (emissione dell’atto e richiesta per la notificazione) nel termine perentorio di legge».
Fonti: La Legge per Tutti, Informazione Fiscale