Qual è il significato dell’art. 23 sul divieto di imporre tasse e altri obblighi se non in forza di una legge?
“Nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge”.
In una formula tanto breve quanto intensa, l’articolo 23 della Costituzione sintetizza l’avversione della Repubblica a qualsiasi forma di schiavitù: fisica o patrimoniale che sia. Solo una legge può imporre ai cittadini di fare (o non fare) qualcosa o di pagare somme allo Stato, riferimento quest’ultimo alle imposte e ai tributi.
Lo scopo dell’articolo 23 è di evitare che il potere esecutivo o la Pubblica Amministrazione possono porre a carico dei cittadini ed a propria discrezione degli oneri.
Dal momento che la libertà personale o il patrimonio dei cittadini possono essere intaccati solo per superiori esigenze della collettività, spetta unicamente al Parlamento il potere di fissare il contenuto di tali sacrifici.
L’articolo 23 è una delle tante norme della Costituzione che sancisce la prevalenza dell’interesse collettivo su quello individuale. Così, per far fronte alle esigenze dello Stato e della collettività si può attingere dal patrimonio dei cittadini imponendo il versamento delle tasse; per assicurare i colpevoli alla giustizia si può obbligare una persona a rendere testimonianza in un processo; per garantire la sicurezza dei confini nazionali si è previsto, fino a pochi anni fa, il servizio di leva obbligatorio ai giovani di 18 anni.
Vi sono dunque una serie di attività che vanno compiute nell’interesse collettivo. Si pensi ancora al dovere di aiutare chi si trova in stato di difficoltà, la cui violazione è sanzionabile penalmente a titolo di omissione di soccorso; all’obbligo di prestare aiuto alla vittima di un incidente stradale, pena un’incriminazione per il reato di fuga; all’intervento di soccorso in caso di terremoti o altre calamità naturali; al dovere per alcuni cittadini di esercitare la funzione di giudice popolare se prescelti e sorteggiati.
In riferimento ai Nuovi tributi, va evidenziato che l’articolo 23 Costituzione pone una riserva di legge relativa. Ciò significa che, per essere legittimo, il tributo deve essere previsto dalla legge nei suoi tratti essenziali (soggetti attivi e passivi, presupposto d’imposta e aliquote), ma è ben possibile che la disciplina di dettaglio sia affidata a norme secondarie come i regolamenti.
Va anche sottolineato che, nel concetto di “legge” rientrano anche gli atti aventi forza di legge, come il decreto legislativo e il decreto-legge.
Al riguardo, però, è importante notare che lo Statuto del Contribuente (l. 212/2000, art. 4) restringe il campo rispetto al testo costituzionale, poiché vieta espressamente che nuovi tributi possano essere introdotti con un decreto-legge.
Un’ultima precisazione è necessaria per evidenziare che, in ossequio al riconoscimento e alla promozione delle autonomie locali previsto dall’art. 5 della Costituzione, anche gli enti locali possono istituire nuovi tributi, con riferimento al proprio territorio di competenza.
Fonti: Studio Cataldi, La legge per tutti, Studio tributario DLP.